(ANS – Freetown) – “La Sierra Leone è in ginocchio ma la speranza cresce di giorno in giorno” ha detto all’Agenzia Misna mons. Edward Tamba Charles, l’arcivescovo di Freetown. Il suo paese è stato il più colpito dall’epidemia di Ebola, con 3.000 decessi accertati e oltre 10.000 contagi. Ma ora, come confermano gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la fase più difficile è alle spalle e si può provare a ripartire. Grazie, sottolinea l’arcivescovo, all’“impegno collettivo”.

Monsignore, secondo l’OMS il numero dei casi continua a diminuire

“Sono dati che ci riempiono di speranza. Confermano una tendenza in corso ormai da settimane, con una riduzione progressiva dei nuovi contagi. Lunedì scorso (12 gennaio, NdR) hanno riaperto le scuole in Guinea e anche qui da noi, se la tendenza al miglioramento sarà confermata, bambini e ragazzi potrebbero riprendere le lezioni già a marzo”.

Come è stato possibile ottenere questi risultati?

“All’inizio l’Ebola ci ha colti di sorpresa. Era qualcosa di completamente nuovo e non sapevamo cosa fare. Siamo stati sopraffatti e gli aiuti esterni sono stati fondamentali. C’è stato il contributo di Medici Senza Frontiere e di altre ong, ma non bisogna dimenticare le campagne di sensibilizzazione promosse dal governo della Sierra Leone e l’impegno di capi tradizionali e religiosi locali. Noi, come Chiesa cattolica, abbiamo aderito all’Ebola Prevention Network. Ma nessun risultato sarebbe stato raggiunto senza uno sforzo collettivo, di tutti”.

Ebola vi ha costretto a cambiare abitudini? E nella vita della Chiesa, in particolare, cos’è cambiato?

“D’accordo con i musulmani e le altre comunità religiose abbiamo dato disposizioni che evitassero il diffondersi dell’epidemia. Abbiamo chiesto ai fedeli di non stringersi le mani in segno di pace durante la messa. Ho dato l’ostia della comunione nelle mani, spiegando sempre l’abc delle precauzioni necessarie. Non abbiamo però mai detto di non venire in chiesa e la partecipazione ai servizi è sempre rimasta alta.

Che conseguenze avrà l’epidemia da un punto di vista economico?

“Il primo problema è la disoccupazione. C’è sempre stata, ma adesso è andata fuori controllo. Alcune società straniere, comprese le compagnie minerarie, hanno chiuso e licenziato i dipendenti locali. L’impatto dell’Ebola è stato devastante anche per il settore della ristorazione e dell’intrattenimento. Speriamo che con la fine dell’epidemia le società straniere ritornino e che l’economia si rimetta in piedi. A partire dall’agricoltura, uno dei settori più colpiti: bisogna tornare subito tornare nei campi e sperare che quello di settembre-ottobre sia davvero un buon raccolto”.

Pubblicato il 30/01/2015