(ANS - Madrid) – Quasi 200 persone hanno riempito ieri, 17 dicembre, l’auditorium del Museo Lazaro Gadiano di Madrid per assistere alla presentazione del documentario “30.000” sul conflitto in Costa d’Avorio e il lavoro dei Salesiani a favore della pace, e la successiva tavola rotonda “Costruire la pace nell’Africa Sub-Sahariana”.
Sono intervenuti nell’occasione la giornalista Trinidad Deiros, moderatrice; mons. Miguel Ángel Olaverri, vescovo salesiano nella Repubblica del Congo; il tenente colonnello dell’Esercito spagnolo Jesús Díez; l’ambasciatore dell’Unione Europea in Togo, Nicolás Berlanga; e il dott. Roberto Ravera, psicologo e direttore del Centro per la riabilitazione degli ex bambini soldato in Sierra Leone.
“L’Africa è notizia solo se ci sono migliaia di morti” ha detto la moderatrice per introdurre il tema della tavola rotonda, alla quale il tenente colonnello Díez ha aggiunto che “il conflitto non è nel DNA dell’Africa, e generalizzare il continente è la forma peggiore di avvicinarvisi”. Il militare ha anche detto che la principale minaccia per l’Africa è “la mancanza di democrazia e sicurezza”.
Il dott. Berlanga ha poi aggiunto “il grande problema dell’Africa è la governance, che i leader possano dare speranza ai cittadini, perché se alla crescita demografica non si accompagnano le politiche, è un fallimento”. L’ambasciatore ha anche fatto riferimento alla difficoltà della mediazione nei processi di pace provenienti da parte dell’Europa, perché “non possiamo dimenticare che molti paesi sono state potenze coloniali, perciò cerchiamo che la mediazione parta da loro”.
E mentre il militare ha ricordato che “la pace è più che assenza di guerra” l’ambasciatore si è detto “afro-ottimista, perché si vedono dei cambiamenti nella società, anche se è vero che, senza giustizia, i conflitti sono difficili da battere e ancor più quelli civili”.
Il dott. Ravera, con parole cariche d’emozione, ha rappresentato il duro lavoro con gli ex bambini soldato: “hanno perso la capacità di sentire empatia, di riconoscere gli altri e sono incapaci di leggere le emozioni, perché non hanno tali codici”. Il suo lavoro, ha detto il dottor Ravera, è quello di “gestire questi traumi violenti perché li superino e recuperino le loro radici, perché quando lo fanno, sono veramente grati e arrivano anche a perdonarsi”.
Da ultimo, mons. Olaverri, ha riflettuto sul lavoro presso la Commissione Giustizia e Pace della Repubblica del Congo. “Abbiamo 126.000 rifugiati nel paese e spendiamo 62.000 euro al giorno per mantenere i campi profughi che si occupano di persone che difficilmente tornano nei loro paesi. Coloro che soffrono di più sono i bambini, quindi mi chiedo se sarebbe meglio investire quei soldi per lavorare per la pace (…). Il Congo detiene il terzo maggiore tasso di mortalità infantile al mondo e un terzo della popolazione non è scolarizzata, quindi l’educazione è una priorità per la Chiesa”.
Su YouTube è disponibile la presentazione del video "30.000".
Pubblicato il 18/12/2015