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7/1/2015 - RMG - “Essere Don Bosco nelle reali frontiere delle periferie”
Foto dell'articolo -RMG – “ESSERE DON BOSCO NELLE REALI FRONTIERE DELLE PERIFERIE”
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(ANS – Roma) – “In questa realtà indigena, mi vedo come parte del sogno di tanti altri sognatori ... e come sfida del CG27, che ci chiama ad essere Don Bosco nelle reali frontiere delle periferie, e dove è maggiormente necessaria una presenza profetica e evangelizzatrice”. Così si esprime il diacono brasiliano José Alves de Oliveira, missionario tra gli indigeni Xavante, in una testimonianza.

È stato durante il mio noviziato nel 2003, che ho avuto il mio primo contatto con la popolazione indigena: faceva parte di questa fase formativa conoscere le comunità indigene di Bororo e Xavante, la Missione Salesiana del Mato Grosso. È stato un contatto molto significativo: chiesi, e fui inviato a fare il secondo anno di tirocinio presso la comunità Xavante di San Marcos. Questa esperienza missionaria continuò durante le vacanze negli anni in cui studiavo Teologia.

Nel 2011 sono stato ordinato diacono a San Marcos ed ero destinato a comporre la comunità salesiana missionaria della Parrocchia ‘Personale’ di San Domenico Savio, Nova Xavantina. Lo scopo era quello di lavorare per la popolazione indigena Xavante della regione. Nel 2013 ho fatto parte della comunità salesiana Sangradouro, dove vivono gli indigeni Bororo e Xavante. Ero lì come insegnante; coordinatore del gruppo giovanile, animatore della liturgia, delle feste culturali e dell’oratorio; mi ero dato da fare per scrivere la storia della Missione Salesiana negli ultimi 50 anni, mi ero impegnato per la manutenzione della centrale idroelettrica, per il lavoro agricolo e per le necessità quotidiane della comunità …

Oggi sono di nuovo nella Parrocchia Personale San Domenico Savio. La parrocchia copre due Diocesi e una Prelatura, quattro terre indigene; più di 150 villaggi; un’enorme estensione territoriale; e una popolazione di circa 15.000 indigeni. Mi vedo come una persona che, mediante il battesimo, è chiamata a vivere come Don Bosco nello Spirito di Gesù Cristo. Il Papa, nella sua Evangelii Gaudium, richiama l'attenzione su questa importante dimensione missionaria di Gesù, che dovrebbe caratterizzare anche la comunità di coloro che lo seguono.

Don Bosco capì bene quella chiamata, inviò missionari tra gli Indiani d’America. Molti missionari, lasciando le loro terre, si sono dedicati a questo lavoro con fede e amore. Così, in questa realtà indigena, mi vedo come parte del sogno di tanti altri sognatori ... e come sfida del CG27, che ci chiama ad essere Don Bosco nelle reali frontiere delle periferie, e dove è maggiormente necessaria una presenza profetica e evangelizzatrice.

Consapevole dei miei limiti, ma anche con il cuore aperto e disponibile a Dio e agli altri, so che qualcosa di buono può nascere qui. Ciò è dimostrato da Don Bosco e da molti missionari che hanno dato la vita per i popoli indigeni.

Ci sono certamente sfide: conoscere la lingua e la cultura Xavante; evangelizzazione inculturata; cambiamento della mentalità pastorale; apertura al nuovo, che ci interpella; superamento dei conflitti interni ed esterni (tra indigeni e non indigeni) attraverso il dialogo e l’accoglienza reciproca; mancanza di risorse materiali e umane per il lavoro più significativo.

Ma è anche positivo che il lavoro missionario salesiano, effettuato con gli indigeni, produce i suoi frutti. Sono contento soprattutto per lo sforzo fatto dalla Missione Salesiana: dimostra che i sogni continuano; il ‘poco’ che abbiamo, quando condiviso, diventa ‘molto”.

Pubblicato il 07/01/2015

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