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28/10/2010 - La società della tristezza
Foto EditorialeLA SOCIETÀ DELLA TRISTEZZA

42 giovani uccisi da killer in soli 6 giorni hanno portato il Messico, ancora una volta, al centro dell’attenzione dei media internazionali.

Sebbene si tratti di episodi avvenuti in città e in circostanze diverse, tutte le vittime hanno in comune qualcosa: la loro giovane età. E purtroppo le barbare esecuzioni che si sono verificate all’alba di sabato 23 ottobre a Ciudad Juárez, il giorno seguente a Tijuana e infine (si spera che sia la fine di questi episodi) mercoledì 27 a Tepic, sono solo parte di una serie di uccisioni di massa contro i giovani.

E come se la morte di questi ragazzi e ragazze non fosse già una ragione sufficiente per essere scoraggiati, ancor più drammatico è il fatto che tra gli autori degli omicidi ci fossero anche dei giovani, assassini al soldo di gruppi criminali, che si presentano come “signori” della droga e re dispotici, che distruggono tutto quello che impedisce loro di dominare su un dato territorio e di vendere il loro veleno. Veleno che nel paese confinante a nord, alcuni sono intenzionati a “legalizzare”.

Ciudad Juarez non è l’unica città che soffre la violenza causata dal conflitto tra bande criminali e per la guerra senza quartiere avviata dal Governo Federale nei confronti di questi gruppi criminali; ma forse è la città più colpita da questa crescente marea di morte e disperazione.

Mentre le autorità, organizzazioni della società civile, partiti politici, imprenditori e intellettuali devono ancora mettersi d’accordo per frenare l’insicurezza diffusa, i giovani continuano a soffrire. Non importa se sono studenti, ex-tossicodipendenti in riabilitazione, spacciatori di droga, loro amici o parenti o semplici cittadini: alla fine tutti erano giovani.

I giovani soffrono per la mancanza di opportunità e l’incapacità della società di offrire alle nuove generazioni un mondo migliore. In realtà molti dei giovani assassini diventano tali proprio per voler guadagnare qualche soldo, soldi facili, che poi facilmente vanno via.

Ci sono altri Stati nel Messico che soffrono quanto lo stato di Chihuahua, dove si trova Ciudad Juarez: Nuevo Leon, Tamaulipas, Baja California, Sinaloa, solo per citarne alcuni. Zone del paese dove la popolazione vive con un diffuso senso di tristezza, non solo perché si rimpiangono i tempi passati, nei quali si poteva vivere in pace, ma perché c`è davvero motivo di essere tristi: il piangere la morte di una persona cara; il vivere in un continuo stato di assedio; il dover lasciare la propria terra ed emigrare negli Stati Uniti non per povertà, ma per evitare di essere rapiti o uccisi per aver rifiutato di pagare la “protezione” di gruppi criminali. Se questo è quello che succede ai “potenti”, che ne è dei deboli?

In questo difficile contesto – si stima che dal 2006 siano stati uccisi in circostanze violente legate alla criminalità organizzata circa 2.200 giovani – solo poche persone cercano di cambiare le cose. C’è chi lo fa dalle tribune politiche, chi con i mezzi di comunicazione, chi dal pulpito e chi lo fa nella vita quotidiana, come uomo o donna di pace.

Il problema della droga che affligge il Messico è il risultato di decenni in cui autorità e criminali hanno vissuto in un clima di collusione. Oggi i signori della droga vengono perseguiti, da questo nasce la guerra. Ma è anche frutto di padri e madri che hanno ignorato (nel senso più ampio) l’educazione dei propri figli, permettendo che regnino il permissivismo e il relativismo. È conseguenza dell’incapacità personale di vivere secondo il Vangelo – e la maggioranza della popolazione è cattolica.

L’origine di questo male ha le sue radici in una società che non è stata capace di generare benessere per tutti i suoi membri, una situazione che ha causato tutta una serie di problemi sociali. Si tratta di una società triste... una “società della tristezza”.

Tra le cause del problema del narcotraffico non dobbiamo dimenticare di citare come fattore scatenante l’interesse quasi nullo delle altre nazioni che, nonostante la loro potenza economica, non sono in grado di contenere il consumo di droga, della quale il Messico è produttore o almeno distributore; senza dimenticare la mancanza di volontà di impedire il traffico internazionale di armi, quelle armi che vengono poi imbracciate dai criminali che vagano per città e paesi e che vengono puntate contro gli innocenti.

Per fortuna ci sono ancora individui ed organizzazioni interessate a fare qualcosa per cambiare questa situazione. Persone e istituzioni che producono il cambiamento. In questo ambito ci sono anche gli oratori salesiani, presenti lungo quasi tutto il confine con gli Stati Uniti: Tijuana, Mexicali, Nogales, Ciudad Juárez, Ciudad Acuña e Nuevo Laredo.

Questi oratori sono delle specie di “oasi” dove i giovani possono – per incredibile che paia - sentirsi sicuri e a casa. Dove hanno la possibilità di praticare uno sport, crescere nella fede, nelle manifestazioni artistiche e dimenticarsi per un po’ della violenza che li circonda. Lì dentro lavorano non solo i salesiani, ma molti laici impegnati.

Ma quanto possono significare questi piccoli sforzi a fronte di un problema incommensurabile? Tanto, perché rappresentano la differenza. Una differenza che lascia ancora sognare una “Società dell’Allegria”.

Pubblicato il 28/10/2010


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