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26/6/2015 - RMG – Riflessioni sull’Incontro dei Vescovi Salesiani (Maggio 2015)
Foto Service-RMG – RIFLESSIONI SULL’INCONTRO DEI VESCOVI SALESIANI (MAGGIO 2015)
Fotografia disponibile in Image Bank

(ANS – Roma) – A poco più di un mese di distanza dalla chiusura dell’Incontro dei Vescovi Salesiani sui luoghi di Don Bosco, abbiamo chiesto a mons. Timothy Costelloe, arcivescovo di Perth, in Australia, di condividere alcuni spunti e riflessioni.

Qual è il ricordo più bello che conserva di quest’incontro?

L'incontro dei vescovi salesiani a Torino, a maggio scorso, è stata la mia prima occasione di trascorrere del tempo a Valdocco, nella culla della nostra Congregazione. Per me, poi, è stata una preziosa occasione per approfondire la mia identità come salesiano e di comprendere più a fondo lo spirito di Don Bosco. È stata anche la mia prima occasione per incontrare il nostro Rettor Maggiore, Don Ángel. Anche se era stato in Australia appena prima di venire a Torino, la mia diocesi è dall’altra parte del paese, a cinque ore di volo da Melbourne, quindi non ho potuto incontrarlo in quell’occasione. La sua presenza a Torino è stato un altro strumento con cui ho potuto “ri-energizzare” il mio senso di identità salesiana.

Chi è Maria Ausiliatrice per lei?

Molti dei vostri lettori potrebbero non sapere che quando i Salesiani arrivarono in Australia, nel 1920, scoprirono che il paese era già stata posto sotto la protezione di Maria Ausiliatrice dai vescovi australiani. Per questo motivo, e per la forte influenza irlandese sul primo cattolicesimo in Australia, la devozione alla Madre del Signore è una caratteristica che identifica la Chiesa nel mio paese. Nei miei anni di formazione salesiana, in particolare sotto l’influenza del biblista don Francis Moloney, SDB, sono arrivato a vedere Maria come la grande donna di fede e, come la prima e migliore discepola del suo Figlio. Come salesiano ho anche sempre percepito che Maria è una presenza reale e attiva nella mia vita, che mi sostiene con le sue preghiere e la sua presenza al mio fianco. Nel mio ruolo di vescovo, con tutte le sfide che questo comporta, mi ritrovo a ricordare costantemente il consiglio di Don Bosco che diceva di diffondere la devozione a Maria Ausiliatrice per vedere cosa sia un miracolo. Cerco di affidare ogni giorno alla preghiera di Maria e mi ritrovo sempre a chiederle di proteggere la Chiesa nella mia Arcidiocesi e di prendersi cura di tutti coloro che si affidano alle mie preghiere.

Cosa rappresenta Valdocco per lei?

Essendo stato l’Incontro dei Vescovi Salesiani la mia prima opportunità di trascorrere del tempo a Valdocco, mentre ero lì ho cercato di godermi l’atmosfera quanto più ho potuto. Per me, forse, il vero valore dell'esperienza stava molto nei momenti di quiete, in cui tutti i pellegrini erano andati a casa, e potevo passeggiare nei cortili dell’Oratorio o sedermi tranquillamente nella Cappella di San Francesco di Sales. Questi sono i luoghi in cui le storie e gli eventi che tutti conosciamo così bene hanno avuto davvero luogo. Non era difficile immaginare Don Bosco nei cortili dell’Oratorio, al di fuori della Basilica e proprio sotto le finestre dove aveva le sue stanze. Potevi tranquillamente sederti in una piccola area dietro l’altare nella chiesa di san Francesco di Sales, dove Don Bosco scorse il giovane Domenico Savio ancora in preghiera ore dopo che la messa era finita. Potevi fermarti sulla soglia dalla quale Don Bosco distribuì i panini per la colazione, riuscendo a nutrire tutti i suoi ragazzi, anche se aveva solo pochi pani in una cesta. Potevi vedere la finestrella attraverso la quale qualcuno sparò a Don Bosco, in un attentato che per fortuna non riuscì. E non era troppo difficile neanche immaginare il Grigio abbaiare, o Mamma Margherita chiamare i ragazzi per la cena, o Don Bosco con i suoi giovani uomini attorno mentre parlava con loro di quanto fosse importante per i ragazzi sapere che sono stati amati. Sono tornato in Australia con una consapevolezza molto più profonda di ciò che intendeva don Václav Klement quando, poco dopo che ero stato nominato vescovo, mi disse avrei dovuto fare tutto il possibile per essere non tanto un vescovo che era stato salesiano, ma piuttosto un salesiano che, anche da vescovo, è chiamato a vivere la vocazione salesiana nel nuovo servizio alla Chiesa.

Cosa potrebbe fare, da domani, per vivere più “salesianamente” il suo ministero episcopale?

Ovviamente i Salesiani sono destinati ad essere “per i giovani e con i giovani”. Tornando a casa ho deciso di dedicare quanto più tempo possibile ai giovani dell’arcidiocesi. Abbiamo un vasto sistema scolastico e sto ora cercando di rendermi il più possibile disponibile alle scuole. Sto anche cercando di essere più presente con i nostri seminaristi, portando a loro qualcosa dello spirito della Famiglia Salesiana. Proprio di recente ho benedetto e inaugurato la prima scuola dedicata a San Giovanni Bosco nella nostra arcidiocesi. Spero che sarà una vera e propria incarnazione del nostro spirito salesiano. E mi auguro di visitarla spesso.

Sono sempre più convinto che, in aggiunta alla nostra attenzione sui giovani, il cuore della nostra spiritualità salesiana si trovi nella famosa indicazione dalla Lettera da Roma: non è sufficiente che i ragazzi siano amati - devono anche sapere di essere amati. Questo coglie ciò che io considero una visione speciale di Don Bosco, data a lui come una grazia dello Spirito Santo, nel vasto mistero di Cristo. Don Bosco comprese il modo di amare proprio di Gesù e ne fece il cuore e l’anima della propria missione e la vita spirituale della famiglia che ha creato. Era un modo di amare su misura per le particolari esigenze di ogni persona. Gesù si è occupato di Zaccheo in un modo, di Simon Pietro in un altro, con l’adultera in un altro modo e in un altro modo ancora con la donna che aveva lavato i piedi con le proprie lacrime. In ogni caso Gesù ha mostrato il suo amore in un modo che era pratico e facilmente riconoscibile dalla persona interessata. Gesù poteva dire o fare esattamente ciò di cui ogni persona aveva bisogno se quella persona credeva davvero che lui o lei era amata. Questo è stato il segreto di Don Bosco: che lui aveva capito istintivamente. Forse è per questo che ogni ragazzo all’Oratorio si credeva il prediletto da Don Bosco! La mia speranza, di ritorno da Torino, è che possa vivere questa spiritualità ogni giorno, soprattutto nei rapporti con i sacerdoti e quindi con tutte le persone dell’arcidiocesi.

Qual è il suo consiglio per riportare la Chiesa tra i giovani?

Gran parte della mia risposta a questa domanda si trova nella risposta precedente. Non è sufficiente che il giovane sia amato da noi che apparteniamo alla Chiesa, che abbiamo ruoli di guida o incarichi diversi nella Chiesa. Devono sapere di essere amati. Devono sentire e credere che ci piacciono, che li vogliamo avere attorno, che li apprezziamo, che siamo pronti ad ascoltarli, ad essere pazienti con loro e a perdonarli quando ci deludono, e che siamo felici di trascorrere del tempo, anche di “sprecare” del tempo, con loro. In una parola dobbiamo “accoglierli”, farli sentire i benvenuti.

E poi, parafrasando Don Pascual Chávez, “la più grande sfida che dobbiamo affrontare oggi con i giovani è quello di riportare Cristo da loro e riportare loro a Cristo”. Dobbiamo continuare a chiederci come possiamo riflettere veramente il volto di Cristo per loro, come possiamo essere segni e strumenti della sua presenza in mezzo a loro, e come possiamo aiutarli a vedere la bellezza e l’attrattiva di Cristo. Domenico Savio l’aveva capito: “Gesù e Maria saranno i miei amici”. Continuare a cercare modi per invitare i giovani a fare amicizia con Gesù e lasciare che Gesù sia loro amico. E perché questo avvenga, naturalmente, dobbiamo aver stretto noi stessi amicizia Gesù e avergli permesso di fare amicizia con noi. Non sono sicuro che viviamo sempre come se Gesù sia reale per noi e importante quanto i nostri amici più cari. Non sono sicuro che viviamo, per citare le nostre Costituzioni, come se “il suo (di Gesù) amore può davvero riempire una vita”.

Don Bosco ci ha indicato la via. Sappiamo che non è un percorso facile. Ci sono spine nascoste tra le rose! Ma è un sistema che funziona.

Pubblicato il 26/06/2015

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