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23/10/2015 - RMG – “I giovani, con i medici e gli infermieri, sono stati gli eroi contro l’Ebola”
Foto Service-RMG – “I GIOVANI, CON I MEDICI E GLI INFERMIERI, SONO STATI GLI EROI CONTRO L’EBOLA”

(ANS – Roma) – Dopo mesi e mesi di sforzi, con il contributo determinante di molti benefattori e l’intervento diretto dello stesso Rettor Maggiore, il centro salesiano per gli orfani dell’Ebola a Freetown è tornato ad essere quello che era sempre stato: una scuola. “Tutti e 250 i bambini che abbiamo ospitato durante l’epidemia di Ebola sono potuti tornare a casa” dichiara orgoglioso don Jorge Crisafulli, Ispettore dei Salesiani in Africa Occidentale Anglofona.

di Gian Francesco Romano

“Il ‘Don Bosco Interim Child Care Center’è stato chiuso, perché abbiamo provveduto alla riunificazione dei bambini con le loro famiglie estese, con uno zio, un nonno … o a delle famiglie adottive. L’impegno di noi Salesiani ora, per i prossimi 3 anni, è quello di accompagnare e sostenere questi minori e le loro famiglie, assicurandoci che siano ben trattati, che vadano a scuola, che siano felici…” racconta con soddisfazione l’Ispettore.

La volontà da parte dei Salesiani di anteporre a tutto il benessere dei piccoli ha comportato lavori ed oneri non indifferenti: “in alcuni casi abbiamo dovuto provvedere a costruire delle case, perché magari si trattava di 4 o 5 fratelli rimasti senza genitori: abbiamo scelto di non separarli, ma magari la famiglia estesa contava già 15-20 persone. Allora abbiamo fatto delle piccole abitazioni: una stanza per i ragazzi, una per le ragazze, il bagno, una cucina…”.

Mentre in altri casi i Salesiani sono dovuti intervenire con gli avvocati, perché alcuni tra parenti e conoscenti delle vittime dell’Ebola si erano impossessati dei terreni e delle proprietà che per legge spettavano ai bambini rimasti orfani.

In queste circostanze, o quando il ricongiungimento con i familiari è stato per vari motivi impossibile, i minori sono stati affidati ad alcune famiglie adottive, che si sono assunte la responsabilità legale. “Conoscevamo già alcune famiglie grazie al progetto del ‘Don Bosco Fambul’, che serve i ragazzi di strada e in situazione di rischio; una volta contattate, c’è chi ha dato la disponibilità per uno, due, tre bambini… Ovviamente anche in questi casi non lasciamo le famiglie da sole: le accompagniamo e gli viene dato per tre anni lo stesso sostegno per l’alimentazione, l’iscrizione alla scuola e la cura sanitaria che spetta alle famiglie estese che riaccolgono gli orfani”.

Spiega don Crisafulli: “durante la fase dei contagi c’erano organizzazioni che si preoccupavano soltanto di trovare un parente prossimo ai bambini rimasti orfani e di riconsegnargli i minori assieme ad un sacco di riso. La nostra strategia era diversa: abbiamo sempre cercato di realizzare un processo di guarigioneolistico, un percorso più lungo. I bambini nei nostri centri sono rimasti tutti dai 3 ai 6 mesi, seguiti da Salesiani, educatori, assistenti sociali, con un trattamento che prevedeva il recupero fisico, emotivo, psicologico”.

I Salesiani e i loro collaboratori hanno anche seguito appositi corsi di formazione per aiutare i minori traumatizzati dall’Ebola, dal lutto dei genitori, dallo stigma del contagio; e poi hanno utilizzato gli strumenti che conoscono meglio e che si sono rivelati ancora una volta efficaci: i metodi e gli strumenti dell’oratorio, le risorse proprie della tradizione salesiana, impiegati stavolta non solo per educare e svagare, ma proprio per guarire. Quindi musica, danza, canto, sport e giocoleria. “Due volte alla settimana c’era un corso di giochi di prestigio, un pomeriggio si andava in bici, un altro c’era la musica e le lezioni scolastiche sono proseguite tutte le mattine, mentre le scuole del paese erano chiuse... C’era tutto un programma integrato, con accompagnamento individuale, confronti di gruppo, terapia sulla gestione della rabbia… Si è fatta anche molta terapia del disegno. Quando si chiedeva ai bambini di raffigurare quello che più li aveva colpiti, disegnavano sempre l’ambulanza, o i genitori stesi, morti…; ma se gli si chiedeva di rappresentare i loro modelli, un segno di speranza, una nuova tappa per la loro vita, disegnavano i medici, gli infermieri… che sono stati gli eroi dell’Ebola”.

Tutto questo grande sforzo umano e organizzativo non sarebbe stato possibile senza l’impiego di grandi risorse economiche. “Inizialmente il denaro è arrivato direttamente per iniziativa del Rettor Maggiore. Poi la mia grande preoccupazione era che, una volta che l’Ebola fosse scomparsa dai media, tutti se ne scordassero. Ma è stato sempre il Rettor Maggiore ad assicurarci che continuerà a sostenerci, che non saremo dimenticati. E per ringraziarlo adesso stiamo pensando di realizzare un incontro tra Don Ángel e i bambini aiutati durante questa crisi”.

Alla fine di questa terribile epidemia Don Crisafulli riesce a individuare anche alcuni segni di speranza: “con l’epidemia si è capita l’importanza di accompagnare olisticamente i malati ed anche si sono fatti progressi nella prevenzione e nella cura: ad agosto 2014 il tasso di mortalità tra gli infetti era dell’80-90%, alla fine invece era scesa al 40%, grazie all’accompagnamento umano, psicologico e anche spirituale”.

L’efficacia delle operazione a contrasto dell’Ebola è dipesa anche dalla collaborazione tra i vari attori sociali attivi sul campo: “non puoi affrontare un’epidemia di questo tipo e livello da solo. All’inizio, quando cominciarono i primi contagi, muovemmo i primi passi da soli, creammo una task force di livello nazionale e ispettoriale, ma senza altre connessioni con altre realtà; poi ci siamo resi tutti conto che era impossibile proseguire così. E abbiamo aderito all’appello dei vescovi, abbiamo collaborato con le altre realtà portando il nostro apporto specifico nel campo della prevenzione e dell’educazione. E da agosto 2014 ad oggi siamo cresciuti moltissimo nel lavoro in rete, anche con grandi agenzie internazionali, come UNICEF, il Programma di Alimentazione Mondiale, Medici Senza Frontiere…”.

Soprattutto l’epidemia ha mostrato il protagonismo e la generosità dei giovani, che in molti casi hanno messo a rischio le loro vite per salvare quelle degli altri: “I giovani, con i medici e gli infermieri, sono stati gli eroi contro l’Ebola. Non c’è stato solo il gruppo di Josephat, l’exallievo mussulmano che faceva prevenzione con alcuni altri suoi amici. Parlo anche dei giovani del Movimento Giovanile Salesiano. Sono stati i primi ad uscire fuori, prima ancora di noi Salesiani, prima dell’intervento dei vescovi già erano nelle piazze, nei mercati, distribuendo fogli informativi e preparando anche scenette e canti per spiegare come prevenire il contagio. La prima canzone contro l’Ebola passata per le radio era dei ragazzi dell’MGS”.

La testimonianza dei giovani oggi resta come un valido esempio di solidarietà, d’impegno caritatevole e anche di fede. Conclude don Crisafulli: “Mi ricordo bene come dicevano: ‘meglio uscire fuori e morire infettati facendo qualcosa di buono per gli altri, che stare a morire di paura sentendo le notizie in TV’. In alcuni casi forse hanno rischiato anche troppo. Ma sin dall’inizio, sin da quella video-conferenza con Don Ángel, il Rettor Maggiore, abbiamo chiesto la benedizione di Maria Ausiliatrice e abbiamo confidato molto nella sua protezione, ricordando quello che disse Don Bosco ai suoi giovani quando c’era l’epidemia di colera a Torino: ‘se confidate in Maria Ausiliatrice non vi succederà nulla’”.

Pubblicato il 23/10/2015 

comunica ANS news


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