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16/10/2015 - Cuba - “Divagazioni in attesa del riposo notturno”
Foto dell'articolo -CUBA – “DIVAGAZIONI IN ATTESA DEL RIPOSO NOTTURNO”

(ANS – L’Avana) “Era la vigilia dell’8 ottobre e in attesa che arrivasse ‘Morfeo’, la mia mente correva a tre candidati alla canonizzazione: don Vandor, fratel Olallo e don Varela; caratteristiche diverse, ma tre motivi di orgoglio e di speranza per il popolo cubano”. Sono parole tratte da “Divagaciones en espera del descanso nocturno”, scritte da don Bruno Roccaro, SDB.

In Varela ho visto il filosofo, il maestro, il patriota, l’esule, l’intellettuale d’avanguardia, lo scrittore, il vicario pastorale di New York. Di Olallo ricordavo il fascino della sua alta, robusta figura, coperta con la tonaca dei Fratelli di San Giovanni di Dio, la sua instancabile dedizione ai malati, i suoi sforzi per alleviare la sofferenza, il coraggio di prendere il corpo di Agramonte. Di più, la mente s’intratteneva con Padre Vandor, e spontaneamente andavo confrontandolo con loro.

Vandor, mi appariva come il sacerdote semplice, nobile, sorridente, il curato-pastore del Carmen. Anch’egli intellettuale, come lo era Varela; questi per difendere un sistema filosofico o creare una coscienza politica indipendentista, l’altro per insegnare con parole semplici la fede cristiana. Come educatore, Varela educò i giovani all’identità cubana; Vandor, serviva i ragazzi poveri dell’area di Villa Clara, per renderli onesti cittadini e buoni cristiani, in grado di affrontare la vita con le proprie risorse, nello stile di Don Bosco.

Vedevo Vandor come il poeta che non si compiace dei suoi versi, spesso in rima, ma li utilizza per trasmettere ai suoi fedeli ragazzi l’amore per la Vergine, Gesù Eucaristico, la Croce. Vandor, che inviava comunicazioni non ai principali giornali del tempo, ma attraverso semplici volantini realizzati da sé.

A un momento vedevo Varela costretto all'esilio per le sue idee di indipendenza, coraggiosamente difese alle Corte di Cadice; Vandor lo vedevo abbandonare spontaneamente la sua Ungheria per annunciare il Vangelo a Cuba. Al trionfare della Rivoluzione, che si dichiarava marxista-leninista-atea, Vandor non fu esiliato come molti cubani, sacerdoti, religiosi e non fu costretto a partire come i 134 della nave Covadonga, per i loro atteggiamenti o idee non conformi al nuovo regime. Rimase a Santa Clara come l’angelo custode, mediatore della pace, pastore che guida e accompagna il suo gregge, condividendo speranze, gioie, dolori, sofferenze, successi...

I resti di Varela furono restituiti alla sua patria per essere conservati in un'urna presso l'Aula Magna dell'Università dell'Avana, onorati come simbolo di identità e cultura cubana. I resti di Vandor rimasero a Cuba, in una semplice volta del cimitero di Santa Clara, vicino al suo vescovo e i parrocchiani, in attesa di trovare una più dignitosa sede nella cattedrale della città.

Come il beato Olallo, Vandor si prendeva cura di malati e anziani. Non esclusivamente, però, sebbene questi fossero i privilegiati della sua cura pastorale, delle visite alle famiglie, della sua assistenza materiale. Egli stesso, tormentato da una artrite reumatoide deformante, era per loro un modello di come affrontare il dolore e trasformarlo in uno strumento di purificazione per sé e per gli altri.

Così gradualmente venivo sopraffatto dal sonno. Al risveglio, mi sono azzardato a registrare questi divagazioni sul mio computer e le condivido con tutti.

Pubblicato il 16/10/2015

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