(ANS – Bangui)– “La crisi che abbiamo appena attraversato ha causato più di 27.000 profughi interni. Il personale di soccorso umanitario che avrebbe dovuto soccorre questi sfollati è stato preso di mira e depredato. È in questo contesto particolarmente complesso che noi stiamo lavorando per garantire l’educazione dei giovani e toccare i cuori feriti”. Così raccontano i Salesiani presenti a Bangui, in rapporto agli scontri avvenuti nel paese nel corso delle ultime settimane.
“In tempo di crisi le nostre attività riguardano anche e in particolare la presenza e il supporto a questa martoriata nazione, dato che le nostre presenze servono da sito di accoglienza per gli sfollati interni” proseguono i Salesiani.
La situazione nel paese, uno dei più poveri e instabili dell’Africa, è peggiorata ulteriormente nel 2013, con cicli ricorrenti di violenza tra le diverse comunità che compongono la nazione: a marzo 2013 la formazione ribelle “Séléka” realizzò un colpo di statocui fecero seguito i consueti, terribili strascichi di queste situazioni: esecuzioni, stupri, saccheggi…
In risposta a Séléka nel dicembre dello stesso anno sorse la formazione degli “Anti-Balaka”, che si proponeva di fermare gli abusi perpetrati dai Séléka, ma che in realtà ha portato anch’essa il suo contributo di violenza e morte, oltre ad una radicalizzazione del conflitto, soprattutto nei pressi della capitale del paese, Bangui.
Nella notte tra il 25 e il 26 settembre scorsi, il ritrovamento del cadavere di un giovane ha nuovamente acceso la miccia delle violenze, con rappresaglie compiute da entrambe le fazioni. Secondo varie fonti solo questi ultimi scontri hanno causato circa 60 morti e 300 feriti.
Nonostante le difficoltà che hanno segnato il recente passato, anche adesso i religiosi salesiani non perdono la speranza e rinnovano il loro impegno per il futuro: “ora la risposta immediata è ‘lottare per il ritorno della pace’”.
Pubblicato il 14/10/2015