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17/7/2014 - RMG - Storie di volontariato: i giovani statunitensi e portoghesi
Foto dell'articolo -RMG – STORIE DI VOLONTARIATO: I GIOVANI STATUNITENSI E PORTOGHESI

(ANS – Roma) – Il volontariato missionario giovanile è una realtà estesa e diffusa tra tutta la Congregazione; i giovani che vi partecipano nascono in paesi diversi, vivono esperienze diverse, ma hanno in comune due cose: il desiderio di servire e un incontro con qualche salesiano che li indirizza verso esperienze formative che non potranno mai dimenticare.

“Ora che sono arrivato alla fine degli ultimi giorni qui a Gumbo, Sud Sudan, mi sembra folle pensare che presto tornerò a casa e non sarò più qui. Mi fa davvero capire quanto questo posto lo sento come a casa e quanto questa comunità, compresi i Salesiani, gli altri volontari laici e la gente di Gumbo sono diventati davvero una famiglia per me. So che molto probabilmente la maggior parte di loro, se non tutti, non li vedrò più, e sebbene sia emozionato di tornare a casa, mi mancherà questa gente e questo posto molto. Mi sento molto fortunato e grato per questa esperienza” riporta Pat Sabol, giovane statunitense che ha trascorso un anno da volontario in Sud Sudan attraverso il programma “Salesian Lay Missioners”.

“Tanti bambini, studenti e ragazzi che vedo in oratorio, continuano a farmi sapere che non vogliono che me ne vada e uno addirittura mi ha detto che avrebbe lasciato la scuola se me ne andavo perché ‘rendo le giornate migliori’. – gli fa eco il suo compagno d’avventura, Michael Gumbo – Queste piccole cose mi prendono al cuore e rendono il mio partire agrodolce. Sono così grato per quest’anno, per le persone che hanno influenzato la mia vita e su cui ho potuto avere un certo influsso. Ora dobbiamo solo continuare a pregare per la pace in questo paese!”.

“Quando sono partita in missione – racconta la giovane volontaria portoghese Madalena Potes – volevo dare soprattutto un buon esempio di fede. Come volontaria salesiana intendevo trasmettere il messaggio di amore e di perdono di Dio, attraverso il sistema della gioia di Don Bosco. Alla fine ho sentito che ho ricevuto più di quanto ho dato. Ho imparato molto. Questa esperienza mi ha cambiato prospettive e concetti. Mi ha fatto guardare le cose in modo diverso, modificato il significato di termini come semplicità e genuino. Ha rafforzato la mia fede. Riempito il mio cuore”.

“Non ho mai visto nulla di miserabile in quelle case incomplete, in quelle strade sterrate o in uno qualsiasi di quei bambini scalzi e a torso nudo. No. Lì ho visto il mio quartiere, i miei vicini, la mia gente. E sì, pur essendo bionda e così diversa da loro, mi hanno accettata come una del quartiere. Mi hanno aperto la porta di casa, mi hanno invitato, mi affidavano i loro figli, che a loro volta mi hanno insegnato la loro cultura. (...) Se potessi tornare indietro, non direi più che andavo lì ad aiutare, ma direi per prima cosa grazie, perché là e con la famiglia che viveva con me ho capito cosa sia la vita, imparato a seguire Don Bosco e trovato Dio” conclude la giovane Ana Fonseca, partita in missione con il “Programma Don Bosco – Progetto Vita”.

Altre informazioni sull’impegno di questi volontari sono disponibili sul blog di Michael Gotta, quello di Patrick Sabol e sul sito della Fundacão Dom Bosco.

Pubblicato il 17/07/2014

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