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16/5/2014 - RMG - I salesiani in Nigeria - 1
Foto dell'articolo -RMG – I SALESIANI IN NIGERIA - 1

(ANS – Roma)– Un paese con ancora problemi di violenza in alcune aree del suo territorio, ma anche un “gigante” in profonda trasformazione, con davanti a sé grandi opportunità. Così descrivono la Nigeria i salesiani don Silvio Roggia, Vicario dell’Ispettoria dell’Africa Occidentale Anglofona, e il sig. Paolo Vaschetto, Economo ad Ibadan. Ecco la prima parte della loro intervista, centrata sui fatti di cronaca più recenti.

Le case salesiane, nel centro-sud del paese, possono ritenersi al sicuro?

Don Roggia: Di sicuro, mi viene da rispondere! Fino ad ora non abbiamo avuto problemi di sicurezza, almeno non più di quanti ne ha tutta la gente, magari di piccola criminalità, ladri… ma non c’è d’avere angoscia, non si sente una situazione di paura.

Da cosa dipende l’attuale situazione di violenza terroristica?

Don Roggia: La violenza dipende da un mix di fattori, purtroppo tutti molto pericolosi: uno è certamente il fondamentalismo islamico, che però sappiamo essere spinto da fuori; poi ci sono da considerare temi economici e di potere. Il petrolio è una ricchezza enorme, ma che non è mai stata condivisa dalla popolazione; forse quella è una lontana radice del problema.

Sig. Vaschetto: può pure darsi che contribuisca un fattore geografico: anni fa, quando alla Presidenza c’erano personalità dell’Ovest e del Nord del paese, nel Sud c’erano molti rapimenti, mentre il Nord era più tranquillo; ora che il Presidente è del Sud, sono finiti i rapimenti, mentre nel Nord assistiamo a questi fenomeni. E nel 2015 ci saranno di nuovo le elezioni presidenziali.

Chiese e scuole sono tra gli obiettivi preferiti di Boko Haram. Cosa si può fare per continuare ad educare i giovani?

Don Roggia: Le scelgono apposta per fare notizia, il terrorismo cerca sempre queste tattiche. E poi sono obiettivi facili: non si può pretendere siano tutte difese. Ma non solo chiese e scuole: anche caserme, stazioni di polizia, tutto quello che può indebolire il governo. Per Boko Haram, poi, tutto ciò che ha influenza occidentale dietro è un obiettivo. Ma non si tratta di un fenomeno di massa, sono azioni di terroristi.

Cosa fare? Per il Nord è difficile, quelle comunità sono molto provate, è una Chiesa martire… molti cristiani sono fuggiti. Al sud, invece, si tratta di fare un buon lavoro di catechesi, perché c’è un grande proselitismo da parte delle sette.

Cosa direste alle oltre 200 ragazze rapite o ai loro cari?

Don Roggia: È difficile, sono tragedie con non possono essere ripagate e si ha pure un senso d’impotenza. Certo, lavorare per l’educazione è una risposta a lungo termine, su cui vale la pena d’investire. Ed è forse una risposta anche a Boko Haram che vorrebbe proprio il “no” all’educazione occidentale, o all’educazione in sé. E invece si tratta di dire “sì” all’educazione, soprattutto delle ragazze.

Sig. Vaschetto: queste ragazze hanno avuto il pregio di crederci nell’educazione: erano nella scuola quando sono state prese, perché ci credevano. Ora la soluzione non si sa quando ci sarà, nonostante la buona volontà di molti. Aspettiamo e preghiamo. Però spero anche che quest’attenzione serva pure ad accendere i riflettori su problematiche più ampie, come il problema delle ragazze rapite per essere date in sposa, i matrimoni forzati, molto diffusi in tutta l’Africa sub-Sahariana, e la violenza domestica contro le donne.

La seconda parte dell’intervista, da pubblicare nei prossimi giorni, offrirà una panoramica sulle promettenti prospettive del paese e della realtà giovanile.

Pubblicato il 16/05/2014

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