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23/9/2013 - Repubblica Democratica del Congo - Il primo giorno di scuola a Goma: la speranza, nonostante la guerra
Foto dell'articolo -REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO – IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA A GOMA: LA SPERANZA, NONOSTANTE LA GUERRA
Fotografia disponibile in Image Bank

(ANS – Goma) – Con una settimana di ritardo, dovuta alla realtà del Nord Kivu, il 9 settembre il Centro Don Bosco di Goma-Ngangi ha dato avvio al nuovo anno scolastico. Tra la precarietà della guerra circostante e la speranza che accompagna ogni nuovo inizio, Monica, un’operatrice presente nel centro salesiano da 11 anni, racconta quella giornata.

Il cortile è pieno di bambini, ognuno cerca con gli occhi la sua maestra, la sua classe. C’è pure chi ha gli occhi pieni di speranza e cerca un posto vuoto per poter iniziare anche lui la scuola. Purtroppo non è possibile, non c’è posto per tutti: anche quest’anno potranno studiare solo 3500 alunni tra bambini e ragazzi, sono tantissimi, ma non è abbastanza.

Il centro riapre, tutto riprende il suo ritmo: i piccoli allievi intonano una preghiera, un canto all’inizio della giornata; le ragazzine di Mamma Margherita imparano a cucire, a tagliare i capelli, a cucinare; l’equipe sociale ascolta ogni storia…

Le attività riprendono in un atmosfera di guerra dimenticata: come se i signori della guerra che stanno decidendo le nostre sorti, non esistessero nemmeno. Adesso sono giorni di silenzio, i responsabili stanno parlando: gli ennesimi negoziati, come se 15 giorni possano risolvere una guerra che continua da vent’anni.

I profughi in tutto il Nord Kivu sono oltre 1 milione e circa il 20% sta alle porte di Goma. Sono tantissime persone che non vivono una vita normale, tantissimi bambini che da anni interrompono la scuola.

Come saranno questi adulti del domani che hanno edificato la loro educazione sulla instabilità, sull’assistenzialismo, sull’abituarsi a vivere in un campo come se fosse un luogo di vita normale? Che impronta avrà la loro vita guardando un mondo di adulti che vive di espedienti, utilizzando ogni mezzo per sopravvivere, arrivando magari a imbrogliare?

Vivere il centro ti fa a volte dimenticare questa realtà, ti fa pensare che perché riusciamo a dare delle risposte sia già abbastanza; ma non basta, occorre denunciare, occorre parlare, occorre sentirsi responsabili, occorre spronarsi a dare di più, a fare meglio e ad ascoltare, non stancarsi mai di ascoltare.

Questa è una guerra dimenticata perché è un luogo dimenticato, ma per chi lo ha conosciuto è capace di lasciare un segno indelebile nel cuore, perché pur essendo un luogo dove non esiste giustizia, è comunque capace di insegnarti la speranza.

Pubblicato il 23/09/2013

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