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4/7/2013 - Mongolia - I salesiani nel paese delle steppe: il contesto culturale e i giovani
Foto dell'articolo -MONGOLIA – I SALESIANI NEL PAESE DELLE STEPPE: IL CONTESTO CULTURALE E I GIOVANI
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(ANS – Ulaan Bataar) – Il viaggio alla scoperta della Mongolia continua oggi con un approfondimento sulla cultura del paese e la realtà giovanile. Anfitrione, ancora una volta, è il pioniere missionario don Carlos Villegas.

Discendente di Gengis Khan, il popolo mongolo ammira fortemente il valore della lealtà. Tale sentimento si riflette perciò nel senso di appartenenza alla famiglia e alla patria; ed anche agli anziani. La lingua mongola, ad esempio, distingue due pronomi personali per rivolgersi all’interlocutore, uno per gli anziani o le persone a cui si vuole mostrare rispetto, e un altro per le persona di pari livello.

Verso la religione la Costituzione mongola riconosce la libertà religiosa. Ma il suo esercizio e la pratica sono riservati ai cittadini del paese. Ciò significa che i missionari esterni sono piuttosto costretti nelle loro attività; ma anche che i Mongoli possono diventare i più efficaci missionari ed evangelizzatori, dato che la legge li favorisce. In tal senso il ruolo dei Salesiani Cooperatori diventa determinante.

Il cattolicesimo è tuttavia ancora poco radicato e noto e la maggior parte della popolazione identifica i Cristiani con i Protestanti. C’è anche una piccola percentuale di Mussulmani, soprattutto nel nord-ovest del paese, e in maggioranza di etnia kazaka. Per il resto, la Mongolia si professa come un paese buddhista, anche se prevale l’indifferenza religiosa e nei momenti più importanti o difficili della vita la gente ricorre agli sciamani o ai riti animisti.

Tra gli elementi della cultura mongola meritano di essere notati anche due tratti che si sposano molto bene con l’esigenza missionaria salesiana: la caratteristica, tipica di un popolo nomade, di apertura alle genti straniere e alle nuove idee – anche se per contro, ciò alle volte comporta un’eccessiva volubilità di spirito; e l’amore filiale verso la figura della Madre, per cui la devozione a Maria Ausiliatrice trova terreno fertile nei cuori dei mongoli e costituisce spesso una chiave vincente per realizzare un primo approccio catechetico

Riguardo alla gioventù mongola, interviene don Villegas: “Dopo 7 anni in Papua Nuova Guinea, 13 qui in Mongolia, e molti altri prima nelle Filippine, ho capito che le differenze di umanità sono spesse un millimetro. I giovani della Mongolia, come tutti gli altri giovani, hanno il loro potenziale e le loro debolezze. Condividono le stesse aspirazioni di umanità e di giovinezza, lo stesso coraggio e la paura, la voglia di risultare simpatici…”

Prosegue il salesiano: “Cercano un amico che sia fedele e costante nei giorni del bisogno, un educatore che sappia aiutarli a capire la bellezza della vita e la realtà del dolore, un padre e una madre che li proteggano e li accettino. Negli anni ho chiesto varie volte ai ragazzi che tipo di persone vogliono essere. Le 3 che più mi hanno colpito sono state: voglio essere una persona gioiosa; voglio essere una persona sincera e onesta; voglio essere uno di quelli che non si ubriaca, non ruba e non picchia gli altri”.

“Ad ogni modo, se c’è un’immagine che rappresenta i giovani mongoli, è quella che vedo quando li guardo arrivare a scuola di buon mattino: quando è ancora buio è l’aria non è fresca o solamente fredda, ma è davvero da congelamento e loro, che potrebbero semplicemente rimanersene dentro i loro letti caldi, vengono ogni giorno per imparare qualcosa di nuovo in più”.

Pubblicato il 04/07/2013

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