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22/6/2011 - Italia - Documentario su De Agostini: cartografia di una storia, di un dramma e di un’anima
Foto dell'articolo -ITALIA – DOCUMENTARIO SU DE AGOSTINI: CARTOGRAFIA DI UNA STORIA, DI UN DRAMMA E DI UN’ANIMA
(ANS – Roma) – È stato presentato in questi giorni a Roma il film-documentario “Per questi stretti morire (cartografia di una passione)”. Il lungometraggio esplora e denuncia la scomparsa degli Indios della Terra del Fuoco attraverso l’occhio esperienziale e fotografico/cinematografico di don Alberto Maria De Agostini (1883-1960), salesiano missionario in Patagonia.

Il film scritto, filmato e montato da Isabella Sandri e Giuseppe M. Gaudino, in concorso nella sezione “Orizzonti” alla 67a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2010, è stato presentato al pubblico romano prima il 9 giugno, alla Casa del Cinema, poi il 20 giugno, presso il Cinema Nuovo Aquila di Roma.

La pellicola racconta della ricerca che due ragazzi fanno, in un immaginario e caotico magazzino della memoria di residui accatastati della civiltà dei bianchi, delle tracce delle popolazioni Indios della Terra del Fuoco. L’indagine intreccia il triste episodio storico con l’eredità fotografica e cinematografica lasciata dal salesiano missionario. Vengono raccontate, con libere ricostruzioni, l’ostinazione, l’eccesso, i patimenti nella vita e nelle opere di don Alberto Maria De Agostini partito come missionario a 26 anni per la Patagonia del sud. Grande fu il suo impegno nell’esplorazione: scalò montagne, scoprì fiordi ed esplorò ghiacciai dando loro i nomi. Di fronte allo struggimento e al dolore della scomparsa degli ultimi indios non seppe usare altre parole che quelle impressionate sulle sue lastre fotografiche o sui fotogrammi del suo film “Terre Magellaniche”.

“Per questi stretti morire” ha il pregio di mostrare, sovrapponendoli, quanto lo sguardo fotografico e cinematografico di De Agostini riuscì a documentare e i paesaggi odierni dove si aggira, come un silente testimone, lo spirito del salesiano missionario. Man mano che si svela la drammatica estinzione delle popolazioni indigene, i filmati degli Indios si fanno tristi testimonianze di una realtà che non c’è più. Il documentario mostra interessanti esercizi di estetica e poetica cinematografica e di performance teatrale.

Il lungometraggio, prodotto dalla Gaundi s.rl., ha avuto il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del “Piemonte Doc Film Fund” e si è avvalso della collaborazione del Museo Nazionale della Montagna di Torino, del Museo “Maggiorino Borgatello” di Punta Arenas, dell’Istituto Italo-Latino Americano (IILA) di Roma e dell’Università di Cassino. Numerosi gli apporti e i contributi di consulenti, tra i quali anche salesiani, dell’Italia, Argentina e Cile. La realizzazione del documentario è durata tre anni.

Don Alberto Maria De Agostini e il suo contributo sono poco noti in Italia, dove è più conosciuta la figura del fratello maggiore Giovanni, geografo e fondatore dell’omonimo gruppo editoriale. Pablo Neruda, appresa la notizia della morte del salesiano, avvenuta a Valdocco il 25 dicembre 1960, ebbe a dire: “La morte di Padre Alberto De Agostini per me è stata una sorpresa. È morto lontano dal Cile, paese che tanto amò. Le sue opere mostrarono il paesaggio maestoso della nostra cordillera, dei nostri fiumi e della nostra bellezza millenaria. Attraverso questo uomo esemplare, il Cile si riconosce nel Vecchio Mondo. Vorrei che Punta Arenas rendesse omaggio al De Agostini e che innalzasse un monumento alla sua memoria. In una piazza pubblica, dove i bambini di questa regione possano assorbire i suoi magnifici esempi. Che tutti abbiano dell’ammirazione per lui, perché con semplicità ci ha consegnato le sue profonde verità. … Senza dilungarmi troppo, a me, come poeta cileno, piacerebbe mettere l’epigrafe a questo monumento per onorare la memoria di un così illustre scopritore di alcuni aspetti della nostra storia nazionale”.

Il film “Per questi stretti morire (cartografia di una passione)” resterà in programmazione presso il Cinema Nuovo Aquila di Roma fino al 24 giugno.

Pubblicato il 22/06/2011

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