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Grazie a un programma di formazione per i giovani bhutanesi mons. Menamparampil è riuscito a fare nuovamente visita in Bhutan, dove mancava dal 1993. “Ho iniziato il mio viaggio lo scorso 9 marzo partendo da Phuntsholing” ha raccontato il presule ad AsiaNews.
La visita è stata dura, ma entusiasmante e ha permesso al presule d’incontrare circa 300 cristiani organizzati in varie comunità. Molto difficili gli spostamenti tra i villaggi “ogni volta circa sette ore di auto”, ma la festosa accoglienza delle piccole comunità ha ripagato tutte le fatiche. “Nei piccoli villaggi, a oltre 2500 metri di quota, ho trovato una popolazione molto salda nella propria fede e desiderosa di conoscere e imparare il cristianesimo. (…) Qui tutti aspettano con ansia la visita di credenti cristiani che può dare loro ulteriori istruzioni. L’impressione che ho avuto è quella di vivere ai tempi degli Atti degli Apostoli”.
L’11 marzo, giunto a Timphu, la capitale, l’arcivescovo ha potuto celebrare la messa insieme agli unici cattolici del posto, una comunità ormai anziana, ma fedele e discreta, che negli anni è riuscita a farsi accettare dalle autorità.
Rispetto a 18 anni fa il numero dei cristiani è cresciuto, raggiungendo circa le 10mila unità, sebbene il governo scoraggi le religioni diverse dal buddismo in vari modi. “Nonostante questa situazione, non ho trovato cristiani preoccupati o scoraggiati. Essi pensano che trattando con gentilezza e amore i buddisti potranno ottenere un giorno la libertà religiosa”, spiega mons. Menamparampil.
In una terra molto orgogliosa della propria cultura e delle sue tradizioni, il cristianesimo ha bisogno di calarsi attraverso l’inculturazione. Conclude l’arcivescovo di Guwahati: “il concetto di ‘cultura’ è un argomento molto sensibile in Asia. La nostra sfida in tali situazioni è invitare le persone a una più profonda riflessione sulla propria identità, sul loro compito, sulla terra e sul loro destino”.
Pubblicato il 25/03/2011