RMG – Vicinanza del Rettor Maggiore alla popolazione ivoriana |
Sudan – Lenta sofferenza per un conflitto quasi dimenticato |
Costa d’Avorio – Nascono le paure |
Sudan
Il 9 gennaio 2011 la popolazione del Sud Sudan sarà chiamata alle urne per decidere se rimanere unita al resto del paese o dichiararsi indipendente e formare un nuovo stato. La consultazione, che ha già spinto migliaia di profughi a rientrare nel paese per esprimere il proprio voto, dovrebbe porre fine ad un conflitto che dilania il paese da oltre 20 anni e che ha già causato 2 milioni di morti e 7 milioni di sfollati.
La stato rimane però di massima allerta. Da lunedì l’esercito ha chiuso la strada principale di Khartoum, la capitale, e sono iniziate le esercitazioni, con i proiettili veri, tra i militari. Il 29 dicembre, inoltre, l’aeroporto sarà chiuso per i voli interni ed utilizzato per ulteriori esercitazioni in vista di una eventuale guerriglia.
Le agenzie presenti sul territorio rilevano un clima di profonda tensione: tra i sudanesi del Sud, per la maggior parte cristiani, c’è chi minaccia d’ingrossare le fila dei guerriglieri armati se il referendum non darà il risultato atteso, ossia la secessione dal resto del paese, a maggioranza islamica. D’altra parte il Presidente sudanese Omar al Bashir, a quanto riporta l’agenzia APCOM, ha annunciato che in caso di vittoria dei secessionisti “non sarà più presa in considerazione la diversità culturale o etnica; l’unica fonte della Costituzione sarà la sharia – la legge islamica – e l’arabo sarà l’unica lingua ufficiale”.
Rimane inoltre altamente problematica anche la situazione sanitaria: l’Organizzazione internazionale Medici Senza Frontiere ha riportato che nel Sud Sudan si sta verificando la peggiore diffusione di “Kala Azar”, o leishmaniosi viscerale, degli ultimi otto anni. La patologia, che se diagnosticata per tempo si risolve nel 95% dei casi, è invece mortale quando non curata. E il rientro dei profughi per il referendum del prossimo gennaio rischia di moltiplicare enormemente le possibilità di contagio.
Altri problemi, infine, nella regione nord occidentale del Darfur, dove circa 12.000 civili sono in fuga. Una piccola luce viene però da Doha, in Qatar: nonostante le difficoltà proseguono le trattative per un cessate il fuoco tra ribelli e governo.
Costa d’Avorio
Dopo gli scontri dei passati giorni, sembra essere tornata la calma. Meno di una settimana fa, il 16 dicembre, circa 30 persone avevano perso la vita nei combattimenti tra la polizia e i sostenitori del Presidente riconosciuto dalla comunità internazionale, Alassane Ouattara. L’assenza di violenze, tuttavia, non produce un significativo cambiamento nella percezione generale della situazione. Una guerra civile attualmente non è conveniente per nessuna fazione del conflitto e le parti stanno ancora studiando le possibili opzioni in gioco.
Anche il disimpegno delle truppe francesi presenti, che hanno annunciato di agire solo se attaccate e per proteggere l’espatrio dei cittadini francesi, non aiuta a profilare un chiaro sviluppo della situazione politica del paese.
Le comunità salesiane intanto s’impegnano per disinnescare possibili violenze: a Duékoué si lavora per convincere la popolazione a dormire nelle proprie case, così da evitare episodi di sciacallaggio; e si dialoga soprattutto con i giovani affinché evitino qualsiasi atteggiamento minaccioso. Nonostante le molte assenze, sono riprese anche le attività spirituali e didattiche con alcuni gruppi giovanili.
Pubblicato il 21/12/2010