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18/9/2015 - Vaticano - Giovani Salesiani dalla Siria e il Medio Oriente all’udienza con il Papa
Foto dell'articolo -VATICANO – GIOVANI SALESIANI DALLA SIRIA E IL MEDIO ORIENTE ALL’UDIENZA CON IL PAPA

(ANS – Città del Vaticano) – Il Salesiano sacerdote neo-ordinato don Pierre Jabloyan, da Aleppo, è stato uno dei tre giovani consacrati che hanno rivolto le loro domande a Papa Francesco, ieri mattina, 17 settembre, durante l’udienza concessa ai circa 5000 giovani consacrati riuniti a Roma in questi giorni per celebrare l’Anno della Vita Consacrata.

di don Ivo Coelho,

Consigliere generale per la Formazione

Don Jabloyan hachiesto al Papa di parlare della propria vocazione. E alla fine della sua domanda il Pontefice ha sorpreso tutti chiedendo: “Di dove sei?” – e generato una forte emozione quando il Salesiano ha riferito di essere Siriano.

In precedenza, infatti, don Guido Errico, SDB, aveva inviato una nota al Papa per fargli sapere che tra i partecipanti ci sarebbero stati diversi giovani salesiani dalla Siria, e il Papa ha iniziato il suo intervento segnalando la loro presenza e ricordando i martiri del nostro tempo. “Vorrei iniziare con un pensiero ai nostri martiri dell’Iraq e della Siria, i nostri martiri di oggi. Forse voi ne conoscete tanti o alcuni… Alcuni giorni fa, in piazza, un sacerdote iracheno si è avvicinato e mi ha dato una croce piccola: era la croce che aveva in mano il sacerdote che è stato sgozzato per non rinnegare Gesù Cristo. Questa croce la porto qui…” ha detto il Papa indicando il cuore con la mano.

Poi il Papa ha offerto ampie risposte alle domande rivoltegli da don Jabloyan e da altre due religiose, toccando tre parole-chiave: profezia, vicinanza e memoria.

La profezia e la capacità di sognare sono l’opposto della rigidità, e la formazione ha bisogno d’incoraggiare la capacità di sognare. La rigidità è una forma di egoismo, e Gesù ha parole dure (Mt 23), per le persone rigide del suo tempo, che si ritenevano più giuste degli altri. Accanto a questo, c’è l’incapacità di perdonare, che è un altro grande peccato della vita comunitaria. E i pettegolezzi, ha detto il Papa, rendono difficile il perdono. Il pettegolezzo è terrorismo – ha sottolineato – perché si getta una bomba sul buon nome degli altri.

Parlando della vicinanza, il Papa ha ringraziato le religiose per la loro testimonianza. Definendosi “un po' un femminista”, ha detto che le religiose sono le icone della maternità della Chiesa e di Maria, e che non devono mai trascurare la loro maternità, che è un ottimo modo per portare Cristo e la Chiesa alle persone.

E sulla memoria ha osservato che i primi discepoli non dimenticarono mai i loro primi incontri con Gesù. E anche il Papa ha ricordato come, nel lontano 1953, entrò in chiesa, fece la sua confessione e ne uscì cambiato. Cos'è che lo affascinava di Gesù? Era la sua vicinanza: Gesù non lo ha mai lasciato solo, anche nel suo peccato.

Il Papa ha concluso focalizzando altri due temi: narcisismo e adorazione, l’uno l’opposto dell’altro; e ai consacrati – ha detto - dovrebbero imparare ad adorare, e non solo per pregare.

Pubblicato il 18/09/2015

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