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7/5/2015 - Nepal - “Una settimana trascorsa in un fuoristrada”
Foto dell'articolo -NEPAL – “UNA SETTIMANA TRASCORSA IN UN FUORISTRADA”

(ANS – Kathmandu) – “Ho trascorso una settimana in un fuoristrada Tata Sumo, visitando i villaggi con materiali di soccorso di giorno e dormendoci all’interno di notte, per la paura di dormire nella mia camera nel timore di un altro terremoto”. Don Savio Rai, membro della comunità salesiana a Kathmandu, racconta in prima persona la sua esperienza del terremoto che ha colpito Kathmandu il 25 aprile 2015 e delle sue conseguenze.

La vita ha insiti nel suo ritmo tante giravolte e colpi di scena che bisogna essere sempre pronti all’imprevisto. Chi mai poteva immaginare che un terremoto di 7,9° avrebbe portato tale disastro e messo sottosopra la vita di milioni di persone?

Il 25 aprile, sabato, (in Nepal il Sabato è il giorno settimanale di riposo, la domenica si lavora) dopo la messa sono tornato a casa e stavo cercando di prepararmi per un corso di formazione per leader per il giorno successivo. In quel momento è arrivato Leonard, l’idraulico, con un’altra persona. Non so perché, ma verso le 11:40 mi sentivo molto a disagio e volevo mandarli via. (...) Così ho detto loro di scendere a dare un’occhiata alla nuova moto di Leonard e siamo scesi giù dall’ultimo piano al cancello della scuola.

Appena abbiamo raggiunto la porta si è avvertita la grande scossa. Ho pensato fosse un enorme camion di passaggio, ma la nostra guardia ha gridato: “Padre, il Terremoto!” e io ho risposto in cambio: “Corri!” e mi sono precipitato verso la nostra risaia. Ma con nostra sorpresa il serbatoio d’acqua, che era bloccato con una sbarra di ferro, era crollato già e l’acqua ne usciva fuori.

Ad un certo momento ho pensato “Mio Dio, sto per annegare” dato che non so nuotare. Per un attimo ho pensato di trovarmi dentro al serbatoio, profondo quasi 20 piedi. In ogni caso abbiamo corso come ubriachi e siamo riusciti a raggiungere il muro ma non potevamo saltarlo. (...) Il muro sembrava ballare e alla fine la scossa è stata tale che mi ha gettato giù per il campo e sono atterrato in ginocchio. Ero totalmente stordito e vedevo i palazzi sulle colline crollare come mazzi di carte. (…)

Da quel momento la paura si è insinuato in me così duramente che la mia testa continuava a soffrire a girare. Anche la minima scossa della porta o della finestra mi metteva paura. Non volevo entrare di nuovo nella casa dopo aver visto l’edificio scuotersi. Così ho deciso di fare del fuoristrada la mia casa temporanea. È diventato camera da letto, ufficio, salotto, cyber-cafè, sala ricreativa tutto in uno. (...) Solo dopo aver scritto questo resoconto ho deciso di dire addio alla jeep e tornare nella mia stanza.

(...) È stata una settimana vissuta con molta paura e  tensione da parte della gente, della natura e degli altri elementi. Èstata una settimana in cui ho dovuto essere freddo e calmo anche se dentro di me ero teso, perché ho dovuto guidare i fedeli nella liturgia, interagire con le persone, dire di no a chi voleva solo portare via le cose. Ma all’interno di questi momenti la messa, il rosario e le preghiere mi hanno fatto andare avanti.

Sono stato contendo di essere tra la gente, per aiutarli in qualsiasi modo possibile, e anche sono stato felice di organizzare i soccorsi con la mia generosa équipe, gli exallievi e il personale amministrativo, sotto la guida di don Jijo John, il coordinatore di NEPAL DON BOSCO SOCIETY. Sono stati momenti di paura, ma anche momenti per stare vicino alla gente. Ha dato gioia e pace, e questo sarà conservato per molto tempo a venire. Una settimana a bordo di una jeep, una settimana da gitano, una settimana piena di terrore e paura, e, soprattutto, una settimana vicino alle persone in difficoltà.

Pubblicato il 07/05/2015

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