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15/9/2014 - RMG - “Stare con i giovani, fare amicizia, testimoniare”: la ricetta missionaria di don Bonkálo
Foto dell'articolo -RMG – “STARE CON I GIOVANI, FARE AMICIZIA, TESTIMONIARE”: LA RICETTA MISSIONARIA DI DON BONKÁLO

(ANS – Roma) – Domenica 28 Settembre partirà dalla Basilica di Maria Ausiliatrice con la 145° Spedizione Missionaria Salesiana, ma già da 10 anni opera in una delle frontiere della Congregazione e della Chiesa, la “missio sui iuris” di Baku, in Azerbaigian. Si tratta del salesiano don Martin Bonkálo, 42enne, originario della Slovacchia, che abbiamo intervistato durante una pausa del Corso di Orientamento.

di Gian Francesco Romano

Qual è stato il tuo percorso vocazionale?

Ho conosciuto i Salesiani a 12-13 anni; per me erano come dei “fratelli maggiori”, degli “amici più grandi” con cui ogni tanto ci si vedeva, di nascosto – per via del regime comunista – in alcuni incontri dove si pregava, si leggeva la Bibbia… Crescendo, sono divenuto un animatore, ma non pensavo a farmi sacerdote. Anzi, quando ho sentito un’inquietudine vocazionale, ho deciso di prendere l’istituto tecnico, perché secondo la legge e le mie conoscenze dell’epoca, per fare i sacerdoti era necessario fare studi umanistici!

Poi una volta, durante delle vacanze invernali, chiacchierando con un Salesiano, scoprii che si poteva diventare sacerdoti non soltanto attraverso il seminario diocesano. Quella notte non ho dormito, volevo scappare! Ma dopo un po’, ne riparlai con un “mio amico più grande” e iniziai a sperimentare la vita salesiana. Ho fatto il prenoviziato, clandestinamente, e il noviziato, nel 1991, già in forma ufficiale.

E la vocazione missionaria?

Come per il sacerdozio, non è stato qualcosa che ho sentito sin da subito, chiaramente. Il mio Ispettore mi mandò a studiare Teologia a Cremisan, in Israele, e lì passavano spesso missionari… Penso che quasi nessuno abbia organizzato una testimonianza ad hoc, ma attraverso il dialogo, nella quotidianità, mi hanno parlato molto di più! E poi, sempre quando studiavo lì, ho lavorato con dei ragazzi arabi in un oratorio delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Allora mi sono detto: “posso vivere da Salesiano, anche negli altri paesi, non solo in Slovacchia!”.

Com’è stato il primo impatto con l’Azerbaigian?

Le prime informazioni su quella la realtà le ho prese da Internet. Una volta sul posto, per me, non è stato molto difficile. L’esperienza in Medio Oriente già mi aveva formato ad entrare in contatto con altre culture. Inoltre la comunità di Baku è composta interamente da slovacchi, anche questo ha aiutato, e ho trovato delle somiglianze tra Slovacchia e Azerbaigian, in quanto entrambi paesi con un passato comunista.

Come immagini la tua vita tra 20-25 anni? E la Chiesa in Azerbaigian, tra 20-25 anni?

Mi vedo ancora in Azerbiagian, magari in un’altra opera, un’altra città. Quanto alla Chiesa, dato che siamo in un paese a grande maggioranza mussulmana, lo sviluppo sarà lento e delicato, ma già c’è e continuerà ad esserci.

Cosa hai dato e cosa hai preso dai giovani di Baku?

Il mandato del governo ci permette di operare con i ragazzi stranieri o di lingua russa; per andare incontro a loro, noi organizziamo attività post scolastiche, di formazione e per il tempo libero. Quello che cerco di fare io, è in primo luogo stare con i giovani; poi farci amicizia, quindi testimoniare; e se qualcuno ti chiede, rispondere!

Da parte loro, mi hanno insegnato la semplicità della vita, la capacità di creare cose belle dalle piccole cose; e la consapevolezza che quando si fa il bene, si riceve anche del bene.

Pubblicato il 15/09/2014

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