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6/12/2013 - RMG - Verso il Capitolo: la realtà salesiana in Asia Sud
Foto dell'articolo -RMG – VERSO IL CAPITOLO: LA REALTÀ SALESIANA IN ASIA SUD

(ANS – Roma) – Continuiamo la pubblicazione delle riflessioni sulle realtà salesiana nelle varie regioni. A parlare oggi è don Thomas Anchukandam, Ispettore di Bangalore, intervenuto alla Commissione Precapitolare come referente per l’Asia Sud.

Qual è lo stato della Congregazione nelle sua regione, davanti alle istanze dei giovani, della società e della Chiesa?

Si può dire in una parola: robusta. I salesiani sono numerosi, giovani e qualificati, una buona parte ha conseguito il dottorato, in vari campi.  C’è poi un buon rapporto con la Chiesa, in diversi ambiti, soprattutto nella Comunicazione Sociale e nell’Educazione. Ed anche tra la gente la considerazione è buona, al di là delle differenze di credo, siano essi induisti, mussulmani o anche cristiani di altre denominazioni. Noi lavoriamo con tutti e per tutti e da parte loro c’è riconoscenza.

Un esempio del nostro impegno tra i più stimati e apprezzati è il Don Bosco Tech India. È un’attività che svolgiamo in collaborazione con il governo e negli ultimi 3 anni abbiamo formato circa 60.000 allievi, ragazzi classificati come “al di sotto della soglia di povertà” (BPL, in inglese) che altrimenti non avrebbero proseguito con l’educazione formale. E l’80% di loro, dopo questa formazione ha trovato lavoro.

La formazione professionale dei giovani è uno dei punti di forza dei salesiani della regione ed è anche una delle testimonianze più visibili dall’esterno.

Qual è l’apporto specifico che la sua regione potrà dare al CG27?

Dalla nostra regione vogliamo arrivare al Capitolo per condividere un’esperienza che abbiamo, a partire dalla circostanze in cui viviamo: cioè il lavoro con genti di diverse etnie, caste e religioni. E persino diversi riti – come la nostra Chiesa, che ne riconosce 3 diversi: latino, siomalabarese e siromalankarese.

E questo si riflette anche nelle nostre comunità. Uno dei temi del Capitolo è la fraternità e nell’Asia Sud c’è già una vasta esperienza, dove molte comunità sono come laboratori di fraternità tra persone di estrazione diversissima.

Possiamo portare anche il nostro lavoro con i giovani, che ci viene riconosciuto ed apprezzato da tutti. E, per finire, anche una metodologia di lavoro e collaborazione con il governo – ad alti livelli – e con le grandi compagnie industriali nei campi della formazione tecnica professionale. Questo è un modello già sperimentato e di successo, tant’è che ora si sta sviluppando il DB Tech Africa, ispirato al nostro modello indiano.

In che modo i Salesiani della sua regione cercano di essere Testimoni della radicalità evangelica?

La viviamo nell’apertura a tutti. Nonostante una cultura di caste, sebbene nelle nostre scuole non ci siano tanti cristiani, il nostro lavoro non solo è apprezzato, ma spesso è aiutato dagli esponenti di altre religioni.

Vivere in un ambiente multi-religioso, inoltre, ci fa ricevere una gran quantità di input spirituali: praticamente nei nostri istituti c’è sempre una festa, che sia cristiana, induista o mussulmana, e quasi tutti collaborano ad organizzarle. Sono cose che si possono capire solo facendo simili esperienze in ambienti come il nostro. Quando, ad esempio si vede che ci sono fedeli indù che collaborano a preparare le messa o se si pensa alla folla che partecipava ai riti per la reliquia di Don Bosco – dove i cristiani erano magari una cinquantina, rispetto a migliaia di fedeli – si capisce che c’è qualcosa di divino più profondo che ci unisce e che la radicalità evangelica la viviamo nell’apertura verso tutti.

Pubblicato il 06/12/2013

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