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9/2/2012 - RMG - La tragedia dimenticata: i profughi nel Sinai
Foto dell'articolo -RMG – LA TRAGEDIA DIMENTICATA: I PROFUGHI NEL SINAI

(ANS – Roma) – Nell’indifferenza della maggior parte dei media, da oltre un anno tra Sudan, Eritrea ed Egitto si consuma il calvario di centinaia di uomini e donne: sono profughi e rifugiati, per la maggior parte Eritrei, che scappano dal loro paese alla ricerca di un futuro migliore, ma che finiscono per diventare merce di scambio tra militari, predoni e trafficanti di esseri umani. Ad occuparsi della loro sorte ora interviene anche l’ONU.

Don Mussie Zerai è un sacerdote eritreo, Presidente dell’associazione “Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo”, tra i primi a denunciare lo spietato crimine che avviene sulla pelle dei profughi. Intervistato da Radio Vaticana il sacerdote ha riportato: “si sta consumando veramente una strage: non solo ci sono rapimenti, ma anche la sofferenza di queste persone rapite, perché abbiamo dimostrato che c’è il vergognoso traffico di organi umani: spesso la gente viene fatta a pezzi per essere venduta. Dalle statistiche e nelle ricerche che abbiamo fatto tra il 2009 e il 2011 risulta che sono sparite nel nulla più di tremila persone. I rapitori chiedono fino a trentamila o quarantamila dollari a persona per il rilascio, in caso contrario si vendono i loro organi”.

Il 12 gennaio scorso – a quanto riporta il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), "Avvenire” – anche l’Alto Commissario ONU per i rifugiati, dr. Antonio Guterres, ha confermato queste notizie agghiaccianti, sostenendo che la tratta di esseri umani ha inizio proprio nel campo profughi dell’ONU a Shagarab, a 100 km dal confine con l’Eritrea, dove giungono in media 2.000 profughi eritrei al mese, in fuga per scampare al servizio militare a vita imposto nel paese.

Secondo lo stesso Guterres sparizioni e rapimenti sono avvenimenti quotidiani all’interno del campo, data la grande quantità di persone che vi risiede e l’estrema mobilità. Secondo stime ONU riportate dal quotidiano, la maggior parte dei nuovi arrivati lascia i campi entro i primi due mesi, per cercare opportunità economiche a Khartum, in Egitto o in Israele. Finendo però vittime della rete dei trafficanti.

Attualmente diversi indizi fanno ritenere che un simile “business” coinvolga diversi attori: militari di frontiera tra i vari paesi e tribù locali di beduini e predoni.

Ciò che sconcerta maggiormente, tuttavia, rimane l’impunità con cui questi crimini continuano ad avvenire. Sostiene don Zerai: “abbiamo assistito negli ultimi giorni, ad altri rapimenti di turisti americani e ad un blitz per la librazione; così è stato per i lavoratori cinesi rapiti nel nord del Sinai e in seguito rilasciati a causa di un intervento militare in Egitto”. E per i profughi eritrei?

Pubblicato il 09/02/2012

comunica ANS news


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