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18/3/2011 - Costa d’Avorio - Cronaca di una emergenza ancora in corso
Foto dell'articolo -COSTA D’AVORIO – CRONACA DI UNA EMERGENZA ANCORA IN CORSO
(ANS – Duékoué) – Dalla fine di novembre la crisi politica che ha paralizzato il processo elettorale presidenziale ha generato violenze e instabilità. Particolarmente difficile è la situazione a Duékoué. Migliaia gli ospiti presso l’opera salesiana “Santa Teresa di Gesù bambino”.

L’incertezza politica in Costa d’Avorio, unita alla povertà, ha creato un clima di sospetto e di timore. Ai primi di dicembre, con la paura innescata dalle voci di attacchi dei ribelli, le prime centinaia di sfollati hanno iniziato a rifugiarsi presso l’opera salesiana. In seguito ad alcuni scontri a Fangolo, a 4 km da Duékoué, i flussi sono aumentati, alla terza settimana di dicembre dormivano presso la missione circa 3mila persone.

Lunedì 3 gennaio, l’attacco ad un convoglio in transito a nord di Duékoué, ad opera di alcuni rapinatori, ha causato 3 feriti e 2 morti, tra cui una donna djoula, di etnia malinké. La comunità djoula ha accusato la comunità guéré, di etnia we, di essere responsabile dell’attacco. Sono così ripresi gli scontri interetnici.

Dopo 4 quattro giorni di violenze nella città sono accorsi migliaia di profughi. Il 6 gennaio erano oltre 12mila rifugiati nella sola missione salesiana. Pochi giorni dopo, provenienti da altre aree della città, si sono aggiunte altre 2mila persone. Secondo quanto riportato dai media, nella città di Duékoué il numero degli sfollati in quei giorni ha toccato almeno le 20.000 unità; fonti militari hanno inoltre conteggiato 40 morti e 90 feriti, mentre il Municipio della città ha stimato che sono state circa 400 le case bruciate, senza contare i saccheggi dei negozi.

In questo periodo la Caritas, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, il World Food Programm ed altre agenzie internazionali e ONG della Costa d’Avorio si sono impegnate per prestare aiuto ai profughi. Anche Papa Benedetto XVI ha partecipato direttamente agli aiuti, inviando a mons. Gaspard Beby Gneba, vescovo di Man, 50.000 euro per far fronte alla situazione d’emergenza.

La missione di “Santa Teresa di Gesù bambino” ha dovuto attrezzarsi per l’emergenza con docce, bagni, tende per le cure sanitarie e l’alloggio; sono stati distribuiti anche cibo, stuoie, coperte, utensili da cucina... Alcune ONG hanno avviato programmi per i gruppi più vulnerabili, come anziani, donne incinte, persone con malattie infettive.
 
Man a mano la situazione sta tornando alla normalità, il numero di rifugiati presso la parrocchia è diminuito. Oggi sono circa 3.200; altri potrebbero ritornare ai loro villaggi, perché la loro casa non è stata saccheggiata, ma la paura e l’incertezza li blocca. Molti, invece, restano perché hanno perso tutto.

Il maggior problema, però, è l’assenza di amministrazione. Lo scontro politico impedisce qualsiasi pianificazione e le famiglie restano abbandonate a se stesse. Scuole, istituti e banche trovano grandi difficoltà a riaprire e l’embargo sul cacao, imposto dall’Unione Europea per costringere Gbagbo alle dimissioni, ferisce l’intera economia. L’anno scolastico e catechistico possono già ritenersi perduti, dato che la presenza degli sfollati nell’opera ha impedito lo svolgimento delle normali attività. E purtroppo ancora non s’intravvede una soluzione all’impasse politica.

Pubblicato il 18/03/2011

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