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23/6/2008 - Haiti - La vita della “lakay”
(ANS – Port au Prince) – Il percorso che gli operatori del progetto “Foyer-Lakay” di Port au Prince compiono ogni giorno con i ragazzi di strada della città è scandito da tappe semplici e precise e culminano in una assunzione di impegno da parte del giovane.

La “strada”, “cortile” e la “lakay (casa)”, sono nono solo dei luoghi fisici; sono anche tappe educative attraverso le quali i ragazzi sono invitati ad assumersi progressivamente delle responsabilità. “Ogni nostro sforzo mira a che i ragazzi entrino nella “lakay” dove ogni ragazzo va a scuola, impara un mestiere e fa parte di un gruppo sociale. L’ingresso nella “lakay” è segnato da una celebrazione/rito molto esplicativo”, precisa don Stra, direttore dell’opera salesiana di Port au Prince-Enam e coordinatore del progetto “Foyer-Lakay”.

Il fuoco, l’abbraccio e la firma caratterizzano l’ingresso nella “lakay”. I ragazzi giungono poveramente vestiti, in genere con abiti sporchi e ridotti a brandelli. Nel momento di entrare nella “lakay” sono invitati a porsi davanti ad un piccolo falò, a bruciare un loro indumento, in genere una camicia, e a saltare lo stesso fuoco. “È un gesto simbolico di purificazione al quale i ragazzi vengono precedentemente preparati”, spiega don Stra. Poi una educatrice abbraccia il ragazzo e gli offre una camicia nuova e un educatore, dopo aver abbracciato a sua volta il ragazzo, dona un paio di scarpe. “Organizziamo i ragazzi per gruppi di 15 o 16 persone coordinati da una educatrice e da un educatore, così da favorire un equilibrio psico-affettivo e ricostruire un clima di famiglia”, puntualizza don Stra.

Il ragazzo si siede ad un tavolo e firma un impegno con tre ‘comandamenti’: non mentire, non rubare e rispetto per tutti e a tutto. La celebrazione di ingresso nella ‘lakay’ si completa poi con la festa della comunità.

Le vita della “lakay” è caratterizzata da se aree: l’ascolto-accoglienza-dialogo; il legame con la famiglia di origine che si concretizza con visite e raduni mensili e in alcune circostanze particolari; la formazione scolastica e professionale; la socializzazione; l’indipendenza economica; e l’evangelizzazione, intesa come trasmissione del vangelo e dei suoi valori.

“Oggi 15 dei nostri circa 50 operatori sono ex ragazzi di strada; quest’anno avremo il primo ingegnere che si laurea e due giovani che hanno chiesto di entrare in seminario”, dice don Stra. Sono i frutti più eclatanti del lavoro che si conduce. Don Stra ammette che la difficoltà maggiore e data dall’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, dato che il paese ha il 70% della popolazione disoccupata.

Pubblicato il 23/06/2008

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