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13/6/2014 - Perù - Storie di Volontariato: “Dove la ricchezza è gioia”
Foto dell'articolo -PERÙ – STORIE DI VOLONTARIATO: “DOVE LA RICCHEZZA È GIOIA”

(ANS – Lares) – “Un giorno lessi da qualche parte: ‘Se vuoi vedere la gente veramente felice, vieni in Perù!’ Sono andata e ho visto molte persone felici, sebbene, secondo la gente del primo mondo, è un paese povero, cui mancano molte cose. Com’è possibile? Chi è povero? (...) Vivere con i bambini in mezzo alle montagne per me è stata un’esperienza che mi ha rivelato una nuova conoscenza sul mondo e sulla vita umana”. Questa è la testimonianza di Zuzan Citarcikova, volontaria slovacca tra le montagne del Perù.

I ragazzi dell’altipiano di Lares mi hanno dato la loro risposta in un breve dialogo:

- Quanti lama hai? – Nessuno.

- Qualche alpaca? - Neanche.

- Nemmeno pecore? - Nemmeno.

- Allora devi essere molto, molto povera.

Che mondi diversi! Nel mio paese, la Slovacchia, essere un pastore già significa essere povero. I criteri di ricchezza europei o dei paesi del nord del mondo sono particolarmente legati al denaro. Non c’è molto spazio per apprezzare la ricchezza e il valore degli animali o la natura o il valore della vita stessa. Mi sembra di aver dimenticato che la felicità, quello che tutti cerchiamo, non dipende e non può dipendere dalle cose materiali, dalle cose che passano. Volevo capirlo sempre meglio, più profondamente. Ringrazio tutti coloro che a Lares mi hanno aiutato a capirlo.

Perché a Lares?

Ho vissuto quasi tre mesi in questa città, a 3222 metri di altitudine, ben lontana dalla civiltà moderna, nella casetta “San Domenico Savio”. Lì, ogni Domenica, circa 50 bambini e adolescenti giungono dalle loro comunità camminando a piedi per 3, 4 o 5 ore. Lasciano i loro genitori, le loro pecore e lama per andare a scuola tutta la settimana. Penso sempre a questi “ragazzi”: com’è possibile che a 6 o 7 anni possono stare così tanti giorni lontano da casa? Come si sentiranno la notte? Non gli mancherà l’affetto e l’amore delle loro famiglie? E chiudendo gli occhi vedo davanti a me le loro testoline con i capelli neri, gli occhi pieni di gioia, le guance arrossate dal vento, il freddo e il sole delle montagne; e, naturalmente, vedo i “Chaki” (piedi) nudi, con solo i sandali. Vedo sorrisi e colori. E mi sento felice. No, quei bambini non sono poveri. Sanno ridere, sanno amare e aiutarsi a vicenda. Sono umili, hanno molti talenti e voglia di imparare. E inoltre, sanno rendere grazie a Dio e alla gente, e vivere insieme con rispetto come in una famiglia.

Vivere con i bambini in mezzo a quelle montagne è stata un'esperienza che mi ha rivelato una nuova conoscenza sul mondo e della vita umana. Non tutto è come pensavo. Il mais non è solo giallo, il nord può ben significare un luogo dove fa più caldo, e infine, essere un pastore non significa necessariamente essere povero. Lasciando la casetta spero che Marleni, conosciuta come “bambina difficile”, continui a proteggere la sua sorellina Reyna; che Urbano sfrutti bene il suo talento per la pittura; che Luis Felipe non smetta di fare domande filosofiche e che Yeni un giorno festeggi il suo compleanno con una torta alla marmellata, che Hernán canti e balli sempre con la scopa, che è più grande di lui . Spero che tutti quei ragazzi non perdano mai il loro tesoro più prezioso: la gioia del loro cuore puro.

Pubblicato il 13/06/2014

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