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8/5/2014 - Sud Sudan - Gli sfollati di Gumbo
Foto dell'articolo -SUD SUDAN – GLI SFOLLATI DI GUMBO

(ANS – Juba– Gumbo, un piccolo sobborgo nei pressi della capitale, Juba, è un luogo emblematico di alcune delle grandi sfide del Sud Sudan e dei suoi problemi, frutto di mesi di violenze che hanno provocato centinaia di migliaia – forse anche 1 milione – di sfollati e una crisi politica che sembra peggiorare di continuo. Su questa realtà è recentemente uscito un articolo del “National Catholic Reporter”, poi ripubblicato dal sito sud-sudanese “Gurtong”.

Significativa è la questione degli sfollati. A Gumbo ci sono circa 120 famiglie sfuggite a vari tipi di violenza; si sono stabilite lì negli ultimi tre mesi, in un altipiano polveroso che offre una bella vista su Juba e le colline Nisitu.

Il campo è qualcosa di assolutamente scarno: un insediamento sparso di tende donate, con cibo messo a disposizione ogni settimana dai Salesiani e indumenti e  visite pastorali regolari portati dalle religiose paoline. È un luogo esposto e vulnerabile, non protetto dai forti venti e dalle piogge stagionali che hanno appena iniziato ad arrivare.

C’è anche qualche elemento positivo: ad esempio, non è eccessivamente affollato – a differenza del campo di Tomping, per questo biasimato da vari organismi internazionali. Eppure, c’è qualcosa un silenzio disperato a Gumbo. Sembra letargico, privo di energia. Una ragione fondamentale sono le esperienze vissute dai residenti del campo. Fatta eccezione per qualche soldato occasionalmente di passaggio, non ci sono i maschi adulti qui: è un campo di donne e bambini fuggiti a Juba per l’insicurezza e le violenze avvenute nella città di Bor. “Non sappiamo cosa sia successo agli uomini”, riporta una giovane, Christina Atoo, 20 anni, madre di due figli.

La situazione potrebbe peggiorare da un momento all’altro. Funzionari delle Nazioni Unite, che di solito hanno un atteggiamento non allarmistico, hanno recentemente affermato che circa 1 milione di persone potrebbe trovarsi ad affrontare una carestia se non si interviene rapidamente in Sud Sudan. Alla radice del problema c’è il massiccio esodo di profughi e sfollati interni, costretti dalle circostanze ad abbandonare le loro terre e colture.

Ciò che sembra frustrare maggiormente i Sudsudanesi è il senso di sconfitta: dopo decenni di guerra con il Sudan per raggiungere l’indipendenza – finalmente ottenuta nel 2011 – le recenti violenze hanno fortemente arretrato il giovane paese, che così sembra non poter uscire mai dalla condizione di arretratezza ed entrare in un’epoca di normalità.

Da due anni i Salesiani gestiscono un Centro di Formazione Professionale a Gumbo. Hanno faticato per trovare educatori e istruttori e quando si registravano i primi successi, nel dicembre scorso, sono iniziati i combattimenti. Da allora il numero di studenti è in diminuzione, sebbene ce ne siano ancora circa 150.

Don Joseph Nguyen Duc Can, SDB, missionario vietnamita, sottolinea che aldilà delle problematiche politico-militari, ci sono anche sottostanti problemi economici strutturali. Gli studenti vengono formati professionalmente, ma non ci sono ancora abbastanza posti di lavoro e società che possano accoglierli. “Questa è una delle sfide dei nostri studenti qui”. La stabilità politica porterebbe sicuramente una crescita economica: “Se c’è stabilità – aggiunge don Duc Can – allora va bene. Ma devi averla prima”.

L’articolo completo, in inglese, si può leggere qui.

Pubblicato il 08/05/2014

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